L’era di Sergio Marchionne, l’uomo che ha preso la FIAT in condizioni di grave crisi e l’ha fatta tornare grande, è giunta: il suo decesso ci priva di un grande manager, un uomo che per le sue aziende ha avuto il coraggio di compiere scelte impopolari, ma anche la capacità di investire e di risanare bilanci sull’orlo del fallimento. Il suo pensiero è stato studiato al pari di quello dei grandi guru americani del business e del management ed è oggetto di numerosi libri; proprio le sue parole sono la migliore guida per capire meglio il suo pensiero, capace di rivoluzionare in 14 anni sia la FIAT sia una parte dell’Italia.
L’anno è il 2004, Umberto Agnelli è appena mancato, e Sergio Marchionne viene nominato CEO della FIAT, un’azienda storica vicina al fallimento. Queste le sue prime parole:
“Fiat ce la farà; il concetto di squadra è la base su cui creerò la nuova organizzazione”
Marchionne è un fanatico del lavoro, attento a tutti gli aspetti della produttività, anche a quelli a cui nessuno pensa. Nei primi due mesi gira per tutti gli stabilimenti; nei weekend si reca a Mirafiori per verificare lo stato delle docce, degli spogliatoi, delle mense e dei bagni. Terminati i sopralluoghi, cambia tutto.
“Ho cambiato tutto: come faccio a chiedere un prodotto di qualità agli operai e farli vivere in uno stabilimento così degradato?”
Il primo capolavoro di Sergio Marchionne è la rottura della partnership con General Motors, che impedisce all’azienda USA di acquistare il gruppo.
Disse a proposito Marchionne:
“Quando uno si alza, il contegno è molto importante. Bisogna alzarsi dal tavolo facendo valere il punto, ma lasciando capire che alla fine ti risiederai. Ti devi alzare calmo, anche se sei incavolato.”
Nel 2005, dopo 5 anni, la FIAT registra finalmente un utile. È l’anno della Grande Punto e grazie all’accordo con le banche arrivano i primi risultati. Per Marchionne non è ancora sufficiente:
“Non possiamo mai dire: le cose vanno bene. Semmai: le cose non vanno male. Dobbiamo essere paranoici. Il percorso è difficilissimo. Siamo dei sopravvissuti e l’onore dei sopravvissuti è sopravvivere.”
Il 2008 è l’anno della crisi, e Sergio Marchionne coglie l’opportunità di aumentare la scala del gruppo. L’anno successivo acquista il 20% del capitale Chrysler, fallita un anno prima; la partecipazione sale al 100% nel 2014, dopo gli accordi con i sindacati e il governo statunitense. La scalata alla Opel non riesce solo per l’intervento del governo tedesco che, a causa delle ostilità con General Motors, che detiene la maggioranza della casa automobilistica, blocca tutto. Un altro successo impossibile da dimenticare è la quotazione in borsa della Ferrari e di Cnh.
Secondo il Sole 24 Ore, l’era Marchionne ha rivalutato le azioni di FCA del 1000%:
“In tutta sincerità non riesco a vedere un mio futuro dopo la Fiat. Non è la prima azienda che ho risanato, ma è senza dubbio quella che credo mi stia permettendo di esercitare tutte le mie capacità. Temo di non avere dentro di me l’energia per un altro ciclo di questa intensità.”
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“La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste.”
“I leader, i grandi leader, sono persone che hanno una capacità fenomenale di disegnare e ridisegnare relazioni di collaborazione creativa all’interno dei loro team.”
“Siate come i giardinieri, investite le vostre energie e i vostri talenti in modo tale che qualsiasi cosa fate duri una vita intera o perfino più a lungo.”
“Il diritto a guidare l’azienda è un privilegio e come tale è concesso soltanto a coloro che hanno dimostrato o dimostrano il potenziale a essere leader e che producono risultati concreti di prestazioni di business.”
“Il carisma non è tutto. Come la bellezza nelle donne: alla lunga non basta.”
“Quello che ho imparato da tutte le esperienze di amministratore delegato negli ultimi dieci anni è che la cultura aziendale non è solo un elemento della partita, ma è la partita stessa. Le organizzazioni, in sintesi, non sono null’altro che l’insieme della volontà collettiva e delle aspirazioni delle persone coinvolte.”
“Se ho un metodo è un metodo che si ispira a una flessibilità bestiale con una sola caratteristica destinata alla concorrenza: essere disegnato per rispondere alle esigenze del mercato. Se viene meno a questa regola è un metodo che non vale un tubo.”
“Non credo assolutamente alla regola che più sono giovani più sono bravi. Anzi. Sono per il riconoscimento delle capacità delle persone, che abbiano trenta o sessant’anni.”
“Ai miei collaboratori, al gruppo di ragazzi che sta rilanciando la Fiat, raccomando sempre di non seguire linee prevedibili, perché al traguardo della prevedibilità arriveranno prevedibilmente anche i concorrenti. E magari arriveranno prima di noi.”