La frequenza di rimbalzo è una metrica importante da tenere in considerazione per costruire un sito web che sia efficace, e che converta. Il tempo a disposizione per catturare l’attenzione dell’utente è molto limitato, Jakob Nielsen parlava della regola dei 15 secondi: se non generi interesse in questo tempo probabilmente non lo farai più.
Tempi di caricamento troppo lunghi, contenuti poco interessanti per l’audience, esperienza utente non soddisfacente, sono alcuni degli errori da non commettere per evitare l’abbandono del tuo sito e per far alzare la frequenza di rimbalzo.
La frequenza di rimbalzo (bounce rate) misura la percentuale di utenti che abbandonano il sito dopo aver visitato una sola pagina, e senza svolgere nessuna azione.
Bisogna ovviamente considerare anche il settore e il contesto: ad esempio su un sito di notizie è normale che un utente legga una sola pagina (l’articolo) e che poi abbandoni, non è quindi un dato negativo. Se, d’altra parte, il sito o la pagina web presuppongono un’interazione, un funnel, allora forse c’è qualche problema.
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Google non considera la frequenza di rimbalzo come fattore di ranking, se però l’utente abbandona il sito e torna ai risultati di ricerca allora potresti essere penalizzato nell’indicizzazione.
La frequenza di rimbalzo può indicare problemi inerenti all’interazione dell’utente, al target sbagliato rispetto agli obiettivi della pagina o a contenuti non in linea.
La frequenza di rimbalzo ideale varia dal 25% al 70% in base al contesto. Le campagne su Google Ads o su Facebook Ads, ad esempio, hanno una frequenza di rimbalzo più alta perché più l’utente è dirottato su quello che cerca e minor bisogno avrà bisogno di visitare ulteriori pagine.
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Ci sono alcuni casi in cui un alto bounce rate potrebbe essere normale perché gli utenti effettuano la conversione su una pagina di caduta, come la pagina dei contatti.
Un’alta frequenza di rimbalzo può derivare da una pessima User Experience (UX): un design non studiato a dovere, un’interazione dispersiva, un funnel sbagliato, dei tempi di caricamento troppo lunghi…
Un design è efficace e converte quando:
– è semplice;
– gli elementi sono distribuiti in base alla rilevanza;
– la navigazione è facile;
– il sito è coerente e uniforme;
– il design è responsive e si adatta ai diversi dispositivi;
– utilizza elementi che l’utente conosce;
– anticipa le intenzioni di ricerca;
– mette al centro l’utente.
I contenuti sono fondamentali per alzare il tempo di permanenza in pagina e devono essere pertinenti, aggiornati e in linea con il target. Se hai articoli datati ma ancora validi, i visitatori potrebbero rimbalzare via anche solo guardando la data: i contenuti recenti danno credibilità agli occhi del pubblico.
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Ecco alcuni consigli e best practices per ridurre la frequenza di rimbalzo sul tuo sito web:
– Se la frequenza di rimbalzo è molto bassa controlla di aver inserito correttamente il monitoraggio di Google Analytics;
– Aumenta la velocità del sito, magari aiutandoti con il tool ufficiale di Google, lo Speed Test. Ecco l’articolo completo: “Google Speed Test, come interpretarlo per aumentare la velocità di un sito”;
– Pensa ad un design responsive;
– Cura i contenuti;
– Verifica tramite Google Search Console eventuali errori 404;
– Elabora una strategia SEO che crei corrispondenza tra ricerca e contenuti;
– Crea un funnel semplice per l’utente e rendi visibili le call to action;
– Cura la User Experience.
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Diminuire la frequenza di rimbalzo ti permetterà di aver un sito, un portale o un ecommerce efficace e che converta in termini di vendite o di richieste di contatto. Cura i contenuti, il design e la UX ma non improvvisare sprecando tempo e denaro: se hai la necessità di migliorare il tuo sito, di incrementare le vendite o di trovare nuovi clienti contattaci per una consulenza, è gratis!